Dice di essere quasi nevrotico riguardo all'avanzamento tecnologico della sua impresa e, psicopatico sull'efficienza, ma anche che l'azienda è di chi ci lavora, prima che del padrone.
Non ce ne sono molti di imprenditori che declinano senza veli questa filosofia: poche storie, l'incidenza del costo del lavoro va abbattuta, ma non diminuisce l'occupazione perché aumentano i turni e gli impianti.
Così c'è benessere per tutti.
Oggi, 50 mila tonnellate di prodotto sono controllate da una sola persona per turno (24 ore per 7 giorni); mentre il cambio della forma di un wafer (da rotondo a piatto), ha permesso di risparmiare in carta e plastica della confezione, senza diminuire il contenuto e, di vendere, quindi, il prodotto a un prezzo più leggero del 30%.
"Negli ultimi tre anni, in piena crisi, abbiamo investito 21 milioni, negli ultimi dieci anni, 42 e mezzo", dice Balocco.
Le risorse?
"Le aziende non sono mucche da mungere per il benessere della famiglia proprietaria; anche quando il fatturato cresce, abbiamo sempre praticato una politica del pay out prudente e questo ci è servito per presentarci alle banche meglio degli altri", prosegue.
Per spot e sponsorizzazioni Alberto Balocco ha deciso di non badare a spese (vi investe il 7% del valore della produzione) e punta sui big: dalla Juventus al Giro d'Italia.
Sempre con la stessa filosofia: "Se uno non si compra lo yacht ma lascia i soldi in azienda si dorme di un bene.....".
Reinvestire gli utili in azienda, molto tecnologia e non badare a spese sulla pubblicità: ecco il Balocco pensiero.
Sintesi dell'articolo di Paola Pilati
Fonte: L'Espresso, 14 marzo 2013
Commenti